Quando si parla di bollette non pagate, molti consumatori si chiedono entro quanto tempo il fornitore possa effettivamente chiedere il saldo del debito e quando, invece, scatti la prescrizione che libera l’utente da ogni obbligo di pagamento. Comprendere i termini e le modalità della prescrizione è fondamentale per evitare di pagare somme non più dovute e tutelarsi da eventuali richieste tardive.
I termini di prescrizione: cosa dice la legge
La prescrizione delle bollette è il periodo oltre il quale il credito vantato dal fornitore di un servizio (come luce, gas, acqua o telefonia) non può più essere legalmente richiesto. Se una bolletta non viene saldata e il fornitore non agisce entro il termine fissato dalla legge, il debito si estingue e il consumatore non è più tenuto a pagare. Questo principio è valido solo se, durante tutto il periodo interessato, il creditore non invia alcuna formale richiesta o diffida tramite raccomandata o PEC
Il termine di prescrizione è stato oggetto di modifiche negli ultimi anni:
- Per le bollette di luce, gas, e acqua: la prescrizione è di 2 anni per tutte le fatture emesse dal 2 gennaio 2020 in poi.
Questo significa che il fornitore ha due anni di tempo dalla scadenza del pagamento per agire legalmente e pretendere il saldo della bolletta. Se trascorsi due anni senza che sia stata inviata una formale richiesta di pagamento, il debito si considera prescritto e non più dovuto. Il termine vale anche in caso di conguagli e importi aggiuntivi inseriti successivamente dal fornitore prescrizione. - Per le bollette emesse prima del 1° gennaio 2020: continuano ad applicarsi i 5 anni di prescrizione previsti dalla normativa precedente.
- Per la telefonia fissa e mobile: la prescrizione oggi è fissata a 2 anni grazie anche agli interventi normativi più recenti.
È importante sottolineare che, per poter considerare il debito prescritto, il creditore deve essere «inerte», ossia non deve aver effettuato alcuna comunicazione formale volta a interrompere il termine di prescrizione. Comunicazioni prive di valore legale (come lettere ordinarie o semplici email) non bastano per interrompere il decorso del termine.
Quando non devi più nulla: la cessazione definitiva dell’obbligo
Trascorso il termine di prescrizione senza che il fornitore abbia inviato alcun sollecito formale, il consumatore si libera dalla posizione debitoria. In altre parole, il fornitore non può più ottenere legalmente il pagamento, neppure tramite le vie giudiziarie. Non è raro che le aziende, anche dopo la scadenza del termine legale, continuino a inviare richieste di pagamento o minacce di azioni legali prive di fondamento: tali richieste sono nulle e il consumatore può opporsi con tranquillità.
Se si riceve una richiesta di pagamento superato il termine di prescrizione, il consiglio è quello di contestare formalmente la richiesta, specificando che è decorso il termine previsto dalla legge e che il debito non può più essere esigibile. Basta una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno o una PEC per bloccare qualsiasi tentativo del fornitore di agire oltre i limiti di legge.
Come si interrompe la prescrizione e quali sono le eccezioni
Un elemento fondamentale riguarda le modalità con cui la prescrizione può essere interrotta. Se nel corso dei due anni il fornitore invia una diffida formale (raccomandata A/R o PEC) chiedendo il pagamento, il termine si interrompe e ricomincia a decorrere da capo dal giorno successivo alla ricezione della comunicazione. Invece, semplici solleciti via posta ordinaria, SMS o e-mail non hanno alcun valore in tal senso.
Inoltre, bisogna fare attenzione ai casi in cui, pur avendo ricevuto una richiesta formale entro i termini, si effettua un pagamento anche parziale: quest’ultimo può costituire un riconoscimento del debito e produrre l’interruzione della prescrizione, riaprendo i termini da zero.
Non bisogna confondere la prescrizione con la decadenza: la prescrizione estingue il diritto del creditore a causa del solo trascorrere del tempo senza alcuna iniziativa; la decadenza invece prevede termini più stringenti e condizioni differenti, legate spesso a situazioni particolari.
Cosa fare in caso di ricezione di una vecchia bolletta non pagata
Se si riceve una richiesta di pagamento per una bolletta risalente, è importante:
- Verificare la data di emissione e la scadenza originale della bolletta.
- Calcolare se sono trascorsi 2 anni (per bollette recenti) o 5 anni (per quelle più vecchie) senza ricevere solleciti formali validi.
- Controllare la tipologia della comunicazione ricevuta dal fornitore: solo se si tratta di raccomandata con avviso di ricevimento o PEC si interrompe il termine di prescrizione.
- In caso la prescrizione sia già maturata, inviare risposta scritta che richiami l’avvenuta prescrizione.
- Non pagare importi richiesti oltre i termini, se la prescrizione è accertata.
Attenzione: i pagamenti effettuati dopo la prescrizione
Nel caso in cui il consumatore, ignaro della prescrizione, versi comunque quanto richiesto dopo la scadenza del termine, non potrà più chiedere indietro la somma pagata. Il pagamento spontaneo, seppur non dovuto, non può essere revocato o stornato dal fornitore in modo automatico.
Vale la pena conservare tutte le ricevute di pagamento e la documentazione relativa alle utenze almeno per il periodo di prescrizione, in modo da poter dimostrare tempestivamente eventuali contestazioni e tutelare i propri diritti in caso di richieste infondate o errori di calcolo da parte del fornitore prescrizione civile.
La gestione consapevole delle bollette e l’attenzione alle scadenze legali rappresentano una tutela efficace contro richieste indebite e controversie con i fornitori di servizi. Aggiornarsi sulle evoluzioni normative e conservare la documentazione consente di affrontare con tranquillità qualsiasi situazione legata a vecchi pagamenti non effettuati.