Come funziona il sistema pensionistico in Inghilterra: ecco le enormi differenze con l’Italia

Il sistema pensionistico nel Regno Unito si distingue in modo marcato da quello italiano sia nella struttura che nei principi di funzionamento. La sua architettura è stata oggetto di numerose riforme, volte a renderlo più trasparente e adattabile alle nuove condizioni demografiche e lavorative. Queste differenze incidono profondamente sulle aspettative di reddito futuro e sulle strategie di pianificazione della pensione.

Le componenti della previdenza nel Regno Unito

L’architettura della previdenza britannica si basa su tre elementi: la State Pension, le pensioni lavorative (workplace pensions) e le pensioni private. Ognuno di questi pilastri gioca un ruolo fondamentale per il sostegno finanziario dell’individuo anziano.

La State Pension è il sostegno pubblico base fornito dallo Stato e si ottiene al raggiungimento dell’età pensionabile, attualmente soggetta ad adeguamenti in base all’aumento dell’aspettativa di vita. Per ricevere l’importo minimo sono necessari almeno dieci anni di contributi sulla National Insurance, mentre per il massimo (comunque inferiore alla soglia di povertà) occorrono 35 anni di contributi. Questo meccanismo, quindi, non garantisce un reddito dignitoso solamente attraverso la previdenza pubblica, rendendo indispensabile la partecipazione a forme di previdenza integrativa.

Le pensioni lavorative sono costituite da schemi predisposti dai datori di lavoro. Possono essere di due tipologie principali:

  • Piani a prestazione definita (Defined Benefit), che offrono un reddito calcolato su stipendio e anni di servizio;
  • Piani a contribuzione definita (Defined Contribution), in cui il capitale finale dipende dall’ammontare dei contributi del dipendente e dell’azienda, oltre che dalla performance degli investimenti.

La previdenza privata prende la forma di prodotti individuali, come i personal pension o i self-invested personal pension (SIPP), mirati a coloro che desiderano accumulare ulteriori risorse per la vecchiaia. Dal 2012, il sistema prevede l’auto-iscrizione: tutti i datori di lavoro sono obbligati ad iscrivere automaticamente i lavoratori idonei a uno schema pensionistico aziendale e a contribuire assieme a loro e allo Stato su base fiscale.

Il sistema pensionistico italiano

Il sistema pensionistico italiano adotta principalmente il modello a ripartizione PAYG (Pay As You Go). I lavoratori attivi versano contributi, che vengono immediatamente utilizzati per pagare le pensioni ai pensionati attuali. Negli ultimi decenni, questo modello è stato integrato dal meccanismo contributivo, in cui la pensione futura dipende da quanto il lavoratore accumula nel corso della sua vita lavorativa, con vari parametri di calcolo e tassi di sostituzione in calo.

L’Italia negli anni ha affrontato una serie di riforme per garantire la sostenibilità del sistema in risposta all’invecchiamento della popolazione e alla diminuzione delle nascite. Di conseguenza:

  • L’età pensionabile viene progressivamente innalzata ed è soggetta all’adeguamento automatico secondo le aspettative di vita;
  • Il tasso di sostituzione (rapporto tra la prima pensione ricevuta e l’ultimo stipendio) si è ridotto, specialmente per chi ha carriere lavorative discontinue;
  • Si incoraggia l’adesione alla previdenza complementare integrativa per rafforzare il trattamento futuro.

Oltre al primo pilastro (INPS), il sistema italiano prevede la possibilità (ancora non obbligatoria per tutti) di aderire a fondi pensione collettivi o individuali (secondo e terzo pilastro), ma la copertura resta inferiore rispetto al modello diffuso nel Regno Unito.

Confronto diretto: differenze strutturali e operative

Le differenze fra i due sistemi sono notevoli sia in termini di filosofia che di impatto sui cittadini:

  • Struttura e obbligatorietà: Nel Regno Unito la previdenza complementare è di fatto obbligatoria (auto‐iscrizione al workplace pension per la maggior parte dei lavoratori), mentre in Italia l’adesione alla previdenza integrativa è ancora opzionale per molte categorie.
  • Importo garantito: La pensione pubblica britannica fornisce solo un sostegno di base e spinge i cittadini a costruire un reddito aggiuntivo tramite la previdenza lavorativa e privata. In Italia, storicamente la pensione pubblica era più generosa, ma il continuo abbassarsi del tasso di sostituzione rende sempre più indispensabile integrare il reddito futuro.
  • Modalità di calcolo: Nel Regno Unito la State Pension si basa su un numero minimo e massimo di anni di contribuzione; l’Italia ha abbandonato il modello retributivo per quello contributivo, ancorando l’assegno agli effettivi versamenti.
  • Gestione dei fondi: I fondi pensione in UK sono frequentemente investiti sui mercati finanziari e gestiti privatamente, generando una variabilità nei risultati. In Italia, la gestione è più centralizzata (INPS) e i rendimenti sono meno esposti ai rischi e alle opportunità dei mercati.
  • Flessibilità: Nel Regno Unito è possibile scegliere in modo discrezionale come percepire il proprio capitale al pensionamento, prelevando una somma e convertendo il restante in rendita; la flessibilità nel sistema italiano è minore.

Implicazioni, criticità e prospettive future

Il modello britannico è significativamente orientato all’autoresponsabilità individuale. La State Pension fornisce solo una base, obbligando i cittadini a investire in strumenti aggiuntivi e ad accettare un maggior livello di rischio e incertezza, legati sia ai mercati finanziari sia alle scelte personali.

Inoltre, la registrazione automatica alle workplace pensions – introdotta dal 2012 – ha ampliato la platea di chi contribuisce alla previdenza integrativa, rendendo la copertura più capillare rispetto a quella italiana. Tuttavia, l’importo finale resta comunque legato all’andamento dei mercati, potenzialmente penalizzante in caso di crisi finanziarie o euro debole. La maggiore personalizzazione consente a chi ha risorse e competenze di massimizzare il proprio capitale pensionistico, ma rischia di lasciare indietro i lavoratori più fragili o discontinui.

Il sistema italiano, ancora fortemente ancorato a una logica redistributiva, tenta di garantire una maggiore solidarietà sociale. Tuttavia, l’invecchiamento della popolazione e la riduzione della base contributiva minacciano la sostenibilità del modello PAYG, imponendo sia tagli sia la necessità per i lavoratori di integrare il proprio reddito futuro con soluzioni private o collettive.

In sintesi: chi si avvicina alla pensione nel Regno Unito deve pianificare con maggior anticipo e con più attenzione, sapendo che l’assegno pubblico coprirà solo le necessità essenziali. In Italia, sebbene la pensione pubblica sia ancora una garanzia per molti, il futuro tenderà a convergere sull’esigenza di una maggiore responsabilizzazione individuale e collettiva nella costruzione della propria sicurezza in età avanzata.

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