Pallacorda per la Rai - Vocazione Servizio Pubblico
Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale - Sapienza Università di Roma

Pallacorda 2

“La RAI verso l’innovazione. Creatività, sperimentazione, contenuti e linguaggi”: è questo il titolo del secondo appuntamento del ciclo di seminari “Vocazione Servizio Pubblico. ‘Pallacorda’ di idee e proposte per ripensare la Rai”, che si è svolto mercoledì 17 settembre presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza Università di Roma. Dopo il successo del primo incontro, che ha avuto luogo nel mese di luglio, anche in questa occasione il dibattito sul Servizio Pubblico, le sue criticità e le sue prospettive future ha prodotto stimolanti spunti di riflessione.
Dopo i saluti istituzionali di Antonello Biagini, Prorettore per la Cooperazione e rapporti internazionali della Sapienza, il seminario è stato introdotto da Mario Morcellini, Direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale, il quale ha ribadito gli obiettivi dell’iniziativa, definendo un “obbligo etico” la scelta di prendere seriamente in considerazione l’impegno di riforma della Rai. Ha anche auspicato l’apertura verso gli altri centri di elaborazione di proposte di riforma, ricordando i prossimi appuntamenti del ciclo di seminari, previsti mercoledì 8 e venerdì 31 ottobre.
Alla prima parte dell’incontro hanno preso parte Andrea Castellari (General Manager di Viacom e CEO di MTV), Pierluigi Battista (giornalista del Corriere della Sera) e Mihaela Gavrila (docente presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza). Andrea Castellari ha aperto il suo intervento sottolineando come le motivazioni alla base della nascita dei servizi pubblici radiotelevisivi siano legate ad un contesto ormai passato, in cui essi ricoprivano un ruolo di formatori culturali. Castellari ha poi citato gli sforzi che sta facendo la BBC per comprendere come innovarsi; d’altronde, studi recenti dimostrano che nei paesi dove il servizio pubblico funziona bene, con alti livelli di qualità, il livello della competizione con il settore privato si sposta verso l’alto. Il servizio pubblico, quindi, deve porsi come primo fattore di innovazione e sperimentazione. La Rai, secondo Castellari, ha il compito di cercare l’eccellenza nei contenuti e dovrebbe creare prodotti esportabili all’estero, generando così un’industria più ricca e più capace di coinvolgere tutte le platee, inclusi i giovani. Il nuovo servizio pubblico, ha dichiarato Castellari, dovrebbe stare all’avanguardia anche rispetto alle nuove modalità di monitoraggio degli ascolti, incentivando un cambiamento negli attuali sistemi di rilevazione; non di meno la Rai si dovrebbe impegnare nell’incentivazione infrastrutturale e culturale delle tecnologie digitali.
Pierluigi Battista, che ha esordito definendosi un “acerrimo oppositore del canone Rai”, ha spiegato che un ente che svolge il ruolo di servizio pubblico e viene pagato con il canone deve saper giustificare la propria esistenza. Secondo il giornalista del Corriere, che ha raccontato valori e criticità di una propria esperienza di conduttore in Rai per il programma “Batti e ribatti”, ogni posizione di rendita e di monopolio oggi non esiste più. Battista, inoltre, ha affermato che non si può chiedere alla politica di stare lontana dalla Rai, in quanto è la politica stessa che nomina il consiglio di amministrazione. L’unica soluzione, per Battista, è ripartire da capo, fare tabula rasa.
La professoressa Mihaela Gavrila ha presentato un’analisi delle emergenze semantiche rilevate nel primo seminario di luglio: le parole chiave oscillano tra la gestione da parte di una politica rappresentativa della società italiana e la ricerca di alternative nel modello di governance, sintetizzate in alcune parole chiave come “consiglio di gestione”, “consiglio di sorveglianza”, “società”, “business units” etc. Quello che emerge da questa lettura è una Rai alla ricerca di valori, i quali fanno riferimento al pluralismo, alla sintonizzazione con la nuova società, al ruolo di anticipatore sociale e a una televisione senza “periferie sociali”. La docente ha poi parlato del servizio pubblico come forza centripeta che dovrebbe coinvolgere e interloquire costantemente con la società, la cultura, le istituzioni, le produzioni indipendenti, il sistema dei media e l’immaginario del paese, lungo un continuum tra passato, presente e futuro. L’analisi semantica evidenzia anche cosa non è servizio pubblico: “ripetitività”, “immobilità”, “intellettualismo” e “dipendenza dalla politica”. Solo eliminando tali caratteristiche, alcune fortemente incardinate nella matrice fondativa della RAI, si potrebbero superare le distinzioni spesso troppo brusche tra “i colti”, che si trovano rappresentati nei premi e nel contratto di servizio; “i molti”, rappresentati nei palinsesti e “gli occulti o in-colti”, poco rappresentati nelle strategie televisive tradizionali, come nel caso dei giovani.
Le relazioni iniziali hanno aperto verso un ampio dibattito, in cui sono intervenuti professionisti, esperti del settore radiotelevisivo e docenti. Guido Barlozzetti (autore e conduttore televisivo) ha definito la Rai come “un luogo di contraddizioni”, sostenendo la necessità di una ricollocazione del servizio pubblico nel sistema attuale, in cui deve essere messo in discussione il complesso dell’offerta della Rai. Massimo Bernardini (giornalista e conduttore televisivo) ha indicato come tra i problemi della Rai vi siano una inadeguata conoscenza della sua offerta e l’eccesso di centralità attribuito agli ascolti. Contro gli attacchi verso la Rai provenienti dall’esterno si è schierato Sandro Petrone (giornalista del Tg2), il quale ha voluto porre l’accento sul fatto che la Rai è anche espressione di eccellenza: i prodotti presentati dai servizi pubblici stranieri al Prix Italia non avrebbero spazio di visibilità e confronto se non fosse per il lavoro che la Rai ha cominciato da tempo. Lorenza Lei (già direttrice generale della Rai, attualmente AD di Rai Pubblicità) ha affermato che oggi la Rai è dei cittadini e che il modello editoriale, quindi, deve crescere dai loro bisogni; persino uno sguardo attento ai nuovi scenari del mercato della pubblicità sarebbe in grado di far emergere un mondo sempre più complesso. Pertanto, secondo la Lei, sarà necessario comprendere dove i contenuti saranno collocati, quali saranno gli spazi di mercato emergenti e come sarà rappresentata la Rai all’estero. Sul tema del canone è tornato Sergio Valzania (vice direttore di Radio Rai), dichiarandosi favorevole ad esso; Valzaria ha inoltre parlato di come il digitale abbia fatto saltare il sistema per cui la Rai era nata in una situazione di monopolio, indicando come principali competitor del servizio pubblico Google, YouTube, Facebook e Twitter. Francesco De Domenico (già presidente di Rai Way) ha invece invitato a guardare ancora una volta al mercato dell’audiovisivo statunitense; sebbene l’egemonia americana nel mondo sia al tramonto per quanto riguarda la politica e l’economia, questo non accade per quanto riguarda il cinema e la televisione. Anzi, da questo punto di vista, l’Europa e, in particolare l’Italia, avrebbero molto da imparare. Sull’importanza del dialogo tra scuola, società e servizio pubblico si è soffermato Michele Mirabella (conduttore televisivo), per il quale è decisivo l’interesse dell’università quale spazio di terzietà e di messa alla prova delle idee e delle nuove pratiche comunicative, nei confronti delle tematiche riguardanti la Rai.
Un momento rilevante dell’incontro è stato rappresentato dell’intervento di Ettore Bernabei, il quale ha spiegato che il servizio pubblico ha il dovere di difendere gli interessi di una collettività nazionale. In merito alla struttura aziendale, Bernabei ha proposto una SpA in cui il capitale sia in maggioranza assoluta dello Stato, mentre una minoranza del pacchetto azionario sia quotata in borsa. Tuttavia, nessuna forma di governance e nessun modello economico, secondo Bernabei, avrebbe senso senza la piena consapevolezza che la Rai è non solo un servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale, ma soprattutto, un servizio di sicurezza pubblica, in grado di salvaguardare o di inabissare il livello culturale del paese. Alberto Mattiacci (professore alla Sapienza) ha avvertito che qualsiasi scelta del settore pubblico, e quindi anche della Rai, sarà condizionata dal debito pubblico e ha elencato le tre discontinuità che caratterizzeranno il futuro e che condizioneranno, inevitabilmente, anche il futuro del servizio pubblico: tecnologica, socio-demografica e finanziaria. Gianni Stella (già CEO di Telecom Italia Media) ha rintracciato tra i principali problemi della Rai la scelta di competere con Mediaset, utilizzando come metro di valutazione l’Auditel: non si possono fare servizio pubblico e televisione commerciale nella stessa struttura. L’intervento conclusivo è stato quello di Piero De Chiara (esperto di telecomunicazioni e media), che ha tirato le fila, sottolineando la necessità che la Rai cambi rotta sull’innovazione, in particolare per quanto riguarda la tecnologia e i prodotti. Solo così riuscirà a svolgere con serietà la sua funzione di servizio pubblico, accompagnando e valorizzando l’immagine dell’Italia nel mondo.

 

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